1. L’ADHD è un disturbo del neurosviluppo

L’ADHD non è una malattia, ma un disturbo del neurosviluppo, cioè una condizione che si manifesta fin dalla nascita o dai primi anni di vita e che influisce sul modo in cui il cervello si sviluppa e funziona. L’ADHD non è una questione di volontà, di intelligenza o di carattere, ma di neurobiologia. Il cervello delle persone con ADHD presenta alcune differenze strutturali e funzionali rispetto al cervello delle persone senza ADHD, soprattutto nelle aree coinvolte nel controllo dell’attenzione, dell’impulsività e dell’attività motoria.


2. L’ADHD è caratterizzato da sintomi di disattenzione e/o iperattività e impulsività

L’ADHD si manifesta con una combinazione di sintomi di disattenzione e/o iperattività e impulsività, che variano da persona a persona e da situazione a situazione. I sintomi di disattenzione si riferiscono alla difficoltà di mantenere l’attenzione su un compito, di seguire le istruzioni, di organizzare il lavoro, di evitare le distrazioni e di ricordare le informazioni. I sintomi di iperattività si riferiscono alla difficoltà di stare fermi, di controllare i movimenti, di moderare il livello di energia e di aspettare il proprio turno. I sintomi di impulsività si riferiscono alla difficoltà di pensare prima di agire, di valutare le conseguenze, di resistere alle tentazioni e di regolare le emozioni.


3. L’ADHD è un disturbo dell’autoregolazione

L’ADHD non è solo un problema di attenzione, ma anche un problema di autoregolazione, cioè la capacità di controllare e dirigere il proprio comportamento in base agli obiettivi, alle regole e alle aspettative sociali. Le persone con ADHD hanno difficoltà a regolare la propria attenzione, la propria attività, la propria impulsività e le proprie emozioni, in modo da adattarsi alle diverse situazioni e ai diversi contesti. Questo significa che possono avere problemi a pianificare, a monitorare, a correggere e a valutare il proprio comportamento, e a imparare dai propri errori. L’ADHD è quindi un disturbo che coinvolge diverse aree della regolazione: la regolazione cognitiva, che riguarda il modo di pensare e di risolvere i problemi; la regolazione emotiva, che riguarda il modo di sentire e di esprimere le emozioni; e la regolazione comportamentale, che riguarda il modo di agire e di interagire con gli altri.


4. L’ADHD è causato da fattori genetici e neurobiologici (innati o acquisiti) e non da fattori educativi

L’ADHD non è causato da una cattiva educazione, da una scarsa disciplina, da un eccesso di zucchero, da una mancanza di affetto o da altri fattori ambientali. L’ADHD ha una forte componente genetica, cioè è ereditario, e una componente neurobiologica, cioè è legato a dei fattori che alterano il funzionamento del cervello, come delle anomalie prenatali, dei traumi cranici, delle infezioni, delle tossine o dei farmaci. Questi fattori possono essere innati o acquisiti nel corso della vita, ma non dipendono dalla volontà o dalla responsabilità delle persone con ADHD o dei loro genitori.


5. L’ADHD è caratterizzato a livello cognitivo da deficit nelle funzioni esecutive, deficit motivazionali e/o nella percezione del tempo

L’ADHD non è solo un problema comportamentale, ma anche un problema cognitivo, cioè un problema che riguarda il modo in cui il cervello elabora le informazioni. Le persone con ADHD presentano dei deficit nelle funzioni esecutive, cioè quelle funzioni cognitive che permettono di pianificare, organizzare, iniziare, mantenere, monitorare e terminare un’azione. Queste funzioni includono l’attenzione, la memoria di lavoro, l’inibizione, la flessibilità, il ragionamento, la risoluzione dei problemi e il controllo emotivo. Le persone con ADHD presentano anche dei deficit motivazionali, cioè una minore sensibilità alle ricompense e alle punizioni, e una maggiore preferenza per le gratificazioni immediate rispetto a quelle ritardate. Infine, le persone con ADHD presentano una percezione distorta del tempo, cioè una difficoltà a stimare, gestire e usare il tempo in modo efficace.


6. L’ADHD ha spesso altre condizioni associate: altri disturbi del neurosviluppo, disturbi emotivi e disturbi del comportamento

L’ADHD non è mai isolato, ma è spesso accompagnato da altre condizioni che ne complicano la diagnosi e il trattamento. Queste condizioni possono essere di tre tipi: altri disturbi del neurosviluppo, come il disturbo dello spettro autistico, il disturbo specifico dell’apprendimento, il disturbo del linguaggio, il disturbo della coordinazione motoria o il disturbo tic; disturbi emotivi, come l’ansia, la depressione, il disturbo bipolare o il disturbo ossessivo-compulsivo; disturbi del comportamento, come il disturbo oppositivo provocatorio, il disturbo della condotta o il disturbo da uso di sostanze. Queste condizioni possono essere presenti fin dall’infanzia o insorgere in seguito, e possono avere una gravità variabile.


7. L’ADHD è una diagnosi che richiede una attenta valutazione clinica (attraverso colloqui e questionari)

L’ADHD non è una diagnosi facile da fare, ma richiede una attenta valutazione clinica da parte di uno specialista, come uno psicologo, uno psichiatra o un neuropsichiatra infantile. La valutazione clinica si basa su una serie di colloqui e questionari, che devono coinvolgere il bambino o l’adolescente, i genitori e gli insegnanti, per raccogliere informazioni sulla storia personale, familiare, scolastica e sociale del soggetto, sui sintomi, sulle difficoltà e sulle risorse, e sulle eventuali altre condizioni associate. La valutazione clinica può essere integrata da altri strumenti, come test neuropsicologici, test di intelligenza, test di apprendimento, test di personalità, test di attenzione, test di memoria, test di funzioni esecutive, test di percezione del tempo, test di motivazione, test di emozioni, test di comportamento, test di autostima, test di qualità della vita, test di soddisfazione, ecc.


8. L’ADHD non è curabile ma trattabile attraverso interventi evidence-based

L’ADHD non è una condizione che si può guarire, ma che si può trattare, cioè ridurre i sintomi e migliorare il funzionamento e la qualità della vita delle persone che ne sono affette. Il trattamento dell’ADHD deve essere basato su interventi evidence-based, cioè su interventi che hanno dimostrato la loro efficacia attraverso studi scientifici rigorosi. Gli interventi evidence-based per l’ADHD sono di due tipi: farmacologici e psicoeducativi. Gli interventi farmacologici si basano sull’uso di farmaci stimolanti o non stimolanti, che agiscono sul sistema nervoso centrale e modulano i neurotrasmettitori coinvolti nell’ADHD, come la dopamina e la noradrenalina. Gli interventi psicoeducativi si basano sull’uso di tecniche psicologiche e pedagogiche, che mirano a insegnare alle persone con ADHD e ai loro familiari e insegnanti delle strategie per gestire i sintomi, le difficoltà e le conseguenze dell’ADHD, e per potenziare le abilità e le risorse. Gli interventi farmacologici e psicoeducativi possono essere combinati tra loro, in base alle caratteristiche e alle esigenze di ogni persona con ADHD.


9. L’ADHD può essere moderato da genitori scientifici, esecutivi ed efficaci

L’ADHD non è una condizione che dipende solo dalle persone che ne sono affette, ma anche dall’ambiente in cui vivono e dalle relazioni che stabiliscono con gli altri. In particolare, il ruolo dei genitori è fondamentale per aiutare i figli con ADHD a gestire i sintomi, a sviluppare le abilità e a valorizzare le risorse. I genitori di bambini e adolescenti con ADHD devono essere scientifici, esecutivi ed efficaci. Essere scientifici significa informarsi sull’ADHD, sui suoi aspetti neurobiologici, cognitivi, comportamentali ed emotivi, e sui suoi trattamenti evidence-based. Essere esecutivi significa organizzare la vita familiare in modo strutturato, prevedibile e coerente, stabilendo delle regole chiare, dei limiti ragionevoli, delle routine quotidiane, dei piani di azione e dei sistemi di rinforzo. Essere efficaci significa comunicare con i figli in modo positivo, assertivo e empatico, elogiando i successi, correggendo gli errori, gestendo i conflitti e sostenendo l’autostima.


10. L’ADHD è un disturbo non l’identità della persona con questo disturbo.

L’ADHD non è tutto quello che definisce una persona, ma solo una parte di essa. Le persone con ADHD non sono solo disattente, iperattive e impulsive, ma anche intelligenti, creative, curiose, sensibili, generose, divertenti e molto altro. L’ADHD non è una condizione che limita le possibilità di una persona, ma solo una sfida che richiede degli adattamenti. Le persone con ADHD possono raggiungere i loro obiettivi, realizzare i loro sogni e vivere una vita felice e appagante, se ricevono il sostegno e le opportunità giuste. L’ADHD non è una condizione che va nascosta o negata, ma solo una condizione che va accettata e condivisa. Le persone con ADHD non devono vergognarsi o sentirsi in colpa per il loro disturbo, ma solo essere orgogliose e consapevoli di chi sono.


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