A volte i bambini ci fanno davvero arrabbiare: fanno delle cose che non dovrebbero, non fanno delle cose che invece dovrebbero... Ed è allora che partono punizioni, minacce, sgridoni, ramanzine e qualche sculaccione. Ma siamo sicuri che tutto ciò serva a qualcosa?

CHE COS'È LA PUNIZIONE

La psicologia comportamentista definisce la punizione come “un evento che presentato immediatamente dopo una risposta, ne provoca la diminuzione in termini di frequenza (o intensità)” (Melli e Sica, 2015)

Per capire meglio facciamo un esempio. Immaginiamo di essere stufi di trovare i bisognini del nostro gatto in giro per casa. Applicando quanto sopra detto potremmo ridurre questo comportamento somministrando al gatto uno stimolo negativo (ad es. uno schizzo d’acqua) ogni volta che questi si appresta ad espletare i suoi bisogni in casa.

Nella psicologia comportamentista questo meccanismo si colloca all’interno di una teoria dell’apprendimento più vasta che riconosce due tipi di punizione:

  • Punizione positiva (P+): che prevede la somministrazione di uno stimolo avversivo (come la punizione fisica o il rimprovero);
  • Punizione negativa (P-): che prevede la sottrazione di uno stimolo positivo (come la libertà nel caso della reclusione).

Sebbene possiamo concordare tutti sulla spiacevolezza di ricevere una sberla o vederci privati di qualcosa di valore, possiamo essere certi che uno stimolo sia davvero punitivo solo se la sua somministrazione (o sottrazione) contingente ad un comportamento ne causa la riduzione.

LE REGOLE DELLA PUNIZIONE

Affinché il meccanismo della punizione funzioni ci sono alcune condizioni che devono essere rispettate:

  1. SI PUNISCE IL COMPORTAMENTO E NON IL SOGGETO CHE LO ESERCITA

La punizione non è un atto contro qualcuno, non dovrebbe avere alcuna funzione espiatoria. Non ha connotazioni morali. La punizione dev'essere sempre esercitata verso un comportamento target e non verso il soggetto che l’ha emesso.

  1. IL COMPORTAMENTO DEVE ESSERE SEMPRE PUNITO

Se il soggetto incontra puntualmente la punizione ogni qual volta mette in essere quel dato comportamento allora sarà certo di non avere scampo. Se viceversa il comportamento non viene sempre punito allora esisterà per il soggetto la consapevolezza di poterlo emettere qualche volta senza conseguenze.

  1. L'INDIVIDUO NON PUÒ SOTTRARSI

Il soggetto non deve avere vie di fuga altrimenti metterà in atto dei comportamenti di evitamento o fuga che renderanno inefficace la punizione.

  1. LA PUNIZIONE DEV'ESSERE CONTINGENTE AL COMPORTAMENTO

Affinché l’intervento punitivo agisca sul comportamento target dobbiamo far sì che la contingenza tra punizione e comportamento sia quanto più immediata. Il rischio è di punire un comportamento successivo che non aveva bisogno di intervento.

  1. LA PUNIZIONE DEV'ESSERE ABBASTANZA FORTE ED AUMENTARE DI INTENSITÀ

Come precedentemente detto uno stimolo punitivo dev’essere individuato a posteriori, valutando l’effetto che ha sul comportamento. Tuttavia può succedere che quello stesso stimolo perda via via efficacia a causa di una sorta di adattamento o assuefazione. In tal caso sarà necessario trovare un nuovo stimolo punitivo o aumentare l’intensità di quello identificato precedentemente.

PERCHÉ SAREBBE MEGLIO NON PUNIRE?

Come appena illustrato il meccanismo della punizione ha delle regole molto precise che, sinceramente, risultano di difficile applicazione soprattutto se le pensiamo applicate all’educazione. Come ricordano Galeazzi e Franceschina (2004) lo stesso Skinner (1953) aveva messo in discussione la punizione in quanto inibisce solo temporaneamente il comportamento vincolando la presenza di chi dovrebbe erogare la punizione.

Ecco allora alcune riflessioni sui lati negativi della punizione:

  • INIBISCE LA PERFORMANCE, NON ESTINGUE UN COMPORTAMENTO

Il fatto che un soggetto non metta in essere un comportamento in un dato contesto non significa che non lo emetterà in contesti diversi. In altri termini la punizione non garantisce la generalizzazione.

  • CREA DISADATTAMENTO E CONFLITTUALITÀ INTERNA

La punizione crea disagio. È probabilmente per questo che funziona ma la conseguenza è la creazione di una condizione di conflittualità per il soggetto che la riceve che da una parte vorrebbe fare una cosa ma dall’altra non vorrebbe ricevere la punizione.

  • CREA SENTIMENTI NEGATIVI NEI CONFRONTI DI CHI L’HA SOMMINISTRATO

Il soggetto che riceve la punizione potrebbe associare facilmente le sensazioni negative conseguenti alla persona che ha somministrato la punizione. In un contesto educativo famigliare o scolastico questa associazione diventa deleteria tanto dal punto di vista della relazione tanto dal punto di vista dell’apprendimento. Possiamo facilmente immaginare che la maestra che sgrida un bambino per un compito di matematica sbagliato sta agendo negativamente sia sul suo rapporto con il bambino sia sul rapporto del bambino con la matematica.

  • TENDE A FISSARE UN COMPORTAMENTO

È un po’ la vecchia questione dell’elefante rosa: nessuno solitamente pensa all’elefante durante la giornata finché qualcuno gli dice di non pensarci. Punire un comportamento porta l’attenzione su quel comportamento che diventa saliente all’interno del repertorio comportamentale del soggetto.

  • DIPENDE DAL GRADO DI DEPRIVAZIONE E SOPPORTAZIONE

Abbiamo detto che lo stimolo punitivo può essere soggetto ad assuefazione. Tuttavia se pensiamo ad un animale particolarmente affamato non ci è difficile immaginare quanto sia disposto a sopportare pur di soddisfare il suo bisogno. Parimenti potremmo chiederci quanto siano disposti a sopportare alcuni soggetti pur di raggiungere i propri scopi.

  • IL COMPORTAMENTO SOSTITUTO PUÒ ESSERE PEGGIORE DI QUELLO SOSTITUITO

La semplice punizione di un comportamento non garantisce la creazione di un comportamento maggiormente gradevole. Ad esempio punire lo sputare per terra di uno studente potrebbe spingerlo tanto a seguire la lezione con maggior interesse quanto a dare pizzicotti alle compagne.

ALTERNATIVE ALLA PUNIZIONE

La ricerca in campo comportamentista ha prodotto diverse tecniche finalizzate alla riduzione di un comportamento che pur richiamando il meccanismo punitivo non sono altrettanto avversive. Di seguito vengono presentate brevemente alcune di queste.

ESTIZIONE/IGNORARE SELETTIVO: solitamente un comportamento si mantiene nel tempo poiché rinforzato. Se ad esempio un bambino si comporta da sciocco in classe probabilmente è perché in tal modo viene lui concessa dell’attenzione. Privando dell’attenzione il comportamento è probabile che questo, dopo un primo incremento, si riduca nella frequenza.

TIME OUT: Ci sono circostanze nel quale non è possibile ignorare un comportamento, come ad esempio nel caso di episodi aggressivi. In questi casi si può utilizzare la tecnica del time out che prevede lo spostamento del soggetto da una situazione più rinforzante ad una meno rinforzante per un tempo definito e concordato.

Quando il comportamento non è legato ad un rinforzo manipolabile è possibile invece utilizzare altre strategie.

COSTO DELLA RISPOSTA: Questa tecnica consiste nel rendere più sensibile il soggetto alle conseguenze negative del suo comportamento. Se ad esempio un bambino bagna il letto, il costo della risposta prevede che sia lui stesso a cambiare le lenzuola invece di lasciare siano i genitori ad occuparsene. Tale tecnica può essere in linea con le conseguenze naturali che seguono un dato comportamento del soggetto (ad esempio se il soggetto non è a tavola durante l’ora di cena,salterà il pasto). Il costo della risposta può essere inoltre introdotto all’interno di un sistema di token economy che preveda la perdita di alcuni token in concomitanza di determinati comportamenti.

IPERCORREZIONE: Simile al costo della risposta, l’ipercorrezione prevede che il soggetto faccia qualcosa in risposta al suo comportamento. In questo caso però verrà ampliato l’elemento punitivo. Se ad esempio un bambino lascia in disordine la propria camera non solo dovrà metterla in ordine ma dovrà mettere in ordine anche la camera del fratellino o gli spazi comuni.

CONCLUSIONI:

Abbiamo visto come la punizione sia una tecnica il cui principale obiettivo sia ridurre un comportamento, quali siano le modalità con cui questa tecnica vada usata, le sue controindicazioni e delle alternative al suo utilizzo.

Per fortuna però la riduzione di comportamenti inadeguati non è l’unico modo di poter fare educazione. Il meccanismo speculare alla punizione, caldeggiato dai comportamentisti, è il rinforzo, attraverso il quale è possibile aumentare la frequenza di comportamenti target.

Nel prossimo articolo proverò a condividere qualche suggerimento per utilizzare il rinforzo in campo educativo.

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